sabato 19 dicembre 2015

Ti sposerai

Le viole erano rosa, le margherite blu o forse no, non mi ricordo più,
le stelle sono in cielo e spegni la tv, da troppo tempo non le guardi più.


A volte sento di averti aiutato a preparare la tua anima ad accogliere altre persone: chiunque, tranne me, altrimenti sarebbe inspiegabile questa tua testardaggine ed insistenza nella cecità che pervade i tuoi occhi.
Cieco è chi sceglie di esserlo e tu hai scelto di viverti la vita a tentoni, come chi scopre il buio e la luce per la prima volta, differenze abissali di chi non sa mai decidersi, nero e bianco che non possono diventare grigio, siderali distanze nonostante la vicinanza.
Ma io, invece, ho deciso.
Ho deciso di riacquistare la vista, di tornare a vedere senza il riflesso dei ricordi, di non lasciarmi oberare gli occhi di immagini fasulle ed illusorie.
Ho deciso di diventare sordo alle tue finte lusinghe, al tuo farmici credere di nuovo per pura vanità d’ego, al tuo guardarmi e mentirmi e nutrirmi di bugie in seguito, di nuovo.
Ho deciso di ricominciare partendo davvero da zero stavolta, dal centro, dal basso, perchè si può solo risalire.
Ho scelto me.


Le macchine veloci non le ho guidate mai, ma ho fatto certi botti in vita mia;
mi dici volta pagina, vedrai ti passerà e ho dato fuoco alla mia libreria;
e ho fatto una magia, tu conta fino a tre, poi chiudi gli occhi batti i tacchi e vai:
prima non lo sapevo, adesso che lo so sparirai.

Chiudo gli occhi.
Riflessi di luci, colori, rumore, il beige delle pareti di un locale, crema pasticciera, un sapore di zucchero e felicità che ricollegherò sempre a quel momento; andare avanti veloce, i treni, quelli presi e quelli persi, gli anagrammi delle lettere, le notti insonni in solitaria, scrivere di te sul mio diario, i messaggi fino a tarda notte, la premura del farmi addormentare, vicini ma lontani, lontani ma vicini, casa mia è libera - andiamo allora? . il primo bacio che ha fatto da anteprima ad altri, il primo bacio che non mi scorderò mai, la rigidità dell’imbarazzo di chi si piace, la scioltezza dei tuoi gesti, le parole nel silenzio, il silenzio come carica elettrica, l’elettricità che comunicava per noi, la pelle che pizzicava tanto ambiva il tuo tocco, due labbra che si scontrano, ma come cazzo è possibile pensavo come ci si fa ad innamorare di un bacio?
Avanti veloce sulla prima volta che ti ho visto nudo, le fragole, fantasie concretizzate, Lolita, il freddo fuori, il fuoco dentro, cosa farsene del mondo se è tutto in una stanza, le mani avide di tocco altrui, le tue impronte digitali che marchiavano la mia pelle.
Sono tuo pensavo Ho le tue impronte digitali tatuate sul cuore.
L’inverno, le vacanze che non passavano mai, le litigate, nessun rimpianto, il Natale lontani, le telefonate come autostrade, la batteria sempre carica, il cuore sempre scarico, cercarti nelle righe dei libri, viverti solo tramite una sim, le paranoie, la gelosia, il silenzio di chi si piace davvero, odiare, amare, piacere, dispiacere.
Dolore.
Sordo, muto, cocente, splendido, scomposto, totale, periferico, intenso, bruciante, febbrile, vorace.
Le perdite, la telefonata a capodanno, silenziare il cervello, ascoltare solo il cuore, cercarti fra le onde del mare, le nuvole di Einaudi, la neve a Milano, quel giorno che ci siamo lasciati.
Quel giorno che tutto è finito,
Quel giorno che tutto se ne è andato.
Te ne vai pensavo, guardandoti uscire. 
Te ne vai, il mio cuore è nel tuo petto.
Apro gli occhi.
Cammino.

Le viole erano rosa, le margherite blu, allora è vero non ritorni più;
le stelle sono tante e forse anche di più, c’era la nostra e non la trovo più,
e io non ci credevo che stava lì per noi, chissà se pure tu la cerchi mai,
t’ho scritto una canzone, quando la ascolterai: sorriderai.


Dopotutto, ricorda sempre che se alzi gli occhi ci sono le nuvole: le nuvole non giudicano, continuano implacabili il loro percorso, cambiando forma a loro piacimento, divenendo ciò che gli altri hanno nel loro cuore e nei loro occhi.
Io sono una nuvola.
Ora, non sei altro che lacrime amare di chi perde tempo dietro a chi non vuole capire, incazzature a vuoto per qualcuno che non si merita tanto amore, se non corrisponde ad altrettanto sentimento; qualcuno che prima afferma delle emozioni e poi se le mangia, additandoti come il fautore di un legame che non sei stato il primo a citare nuovamente.
Forse non è poi così tanto vero che più tempo corrisponde a passi avanti o maturità.


Non ho neanche mai amato pensai guardandoti.

Ma posso imparare.

lunedì 5 ottobre 2015

Obbligo o verità?

La cosa più difficile da fare, in questa vita, è quella di non ferire qualcuno.
In questa esistenza, ci son sempre concesse due alternative di fronte a qualsiasi persona: essere onesti o essere bugiardi; la prima, sicuramente, è quella a cui tutti aspiriamo, ma quanto davvero desideriamo la verità da qualcuno? Spesso e volentieri, quello che in cuor nostro desideriamo ascoltare son piccole bugie bianche, bugie a fin di bene che qualcuno inventa solo per paura di deluderci o ferirci. Ognuno, nel proprio piccolo, sa di averlo fatto: inventare una scusa per un ritardo, per un mancato messaggio o appuntamento, per la nostra mancata responsabilità nei confronti di qualcosa, tutti mentono e spesso ne diventano anche una sorta di habitué.
Dunque, mi chiedo, in una piovosa notte di un banale lunedì qualsiasi, solo in una città che di solitudine non ha mai sentito neanche il suono della sua eco: la bugia è la nostra nuova verità?
Rimane un mistero su come abbia calamita per bugiardi seriali: tutti quelli che ho frequentato, compresi esempi recenti, hanno in sé la tipica convinzione dell'uomo moderno secondo cui mentire è già di per sé una versione riveduta e corretta della verità di fondo. Ma in questo caso, la colpa è dell'ago o della calamita?
Come dicevo all’inizio, si ha sempre la scelta di ferire qualcuno o meno, di raccontargli una bugia o una verità, di trattarlo da intelligente o scemo - e badate, spesso ci vuole più intelligenza a comprenderle certe bugie; mentire, spesso, ci sembra dunque il perfetto compromesso fra il ferire qualcuno e il proteggerlo, una sorta di escamotage che in realtà ha in seno una grande dose di paraculismo.
Per quel che mi riguarda, mentire è sempre una pessima scelta: ci vuole troppa memoria a ricordare tutte le bugie che si dicono, è una pessima droga di cui fare uso, ma soprattutto porta dolore, un quantitativo di dolore pari al momento in cui scoprite la verità di una certezza che credevate reale. 
E’ noioso che io sia sempre a parlare di quello, ma è l’evento che forse più si collega a questa riflessione: il tradimento del mio ex ragazzo è stata la bugia più grande e dolorosa che abbia mai potuto ricevere, roba da togliere il fiato di giorno e non farti dormire la notte, quel genere, insomma, di bugia. Tendo sempre a essere esagerato e melodrammatico, ma chi mi è stato particolarmente vicino sa benissimo quanto reale sia stato il dolore che ho covato; non ho mai messo in dubbio che anche lui possa averlo provato ma, beh, mentre io usavo le mie dita per scrivergli qualcosa di romantico, le sue erano su quella parte del corpo che ci differenzia dalle donne. Con un altro.
Non ho mai messo in dubbio il fatto che il mio ex abbia mentito per una sorta di riguardo nei miei confronti: è quasi un discorso perverso - e trovare perverso tutto ciò che sto per dire forse mi fa rendere conto di quanto la mia situazione da single cominci a farsi pesare - ma forse vero (appunto) che il suo nascondermi quel tradimento sia stato fatto quasi a fin di bene. Non che sia giustificato, non che ci sia mai davvero passato sopra - anzi, è stato talmente insopportabile e costante da far crollare tutta la nostra intera relazione, me compreso - ma comprendo, inerente al discorso che vi sto facendo, che il suo raccontarmi bugie era fatto per una sorta di protezione della mia quiete psicologica e fisica. Purtroppo, però, il piccolo problema è che io preferisco un’amara verità ad una dolce bugia e forse questo - più un’altra certa esperienza - saranno lezioni che per sempre mi insegneranno qualcosa, nell’ordine:
  1. troppo amore davvero soffoca le persone, che in un certo senso equivale a dire che essere costantemente presenti l’uno per l’altro tenda a far sentire qualcuno davvero soffocato. Mi spiego: sono per il melenso e il romanticismo più sfrenato, ma con la mia ultima relazione ho capito che farlo da subito è abbastanza controproducente e forse legato più ad un’idea di relazione e al voler illudersi di stare col proprio prototipo, che effettivamente cominciare a conoscere davvero qualcuno senza che venga subito additato come principe azzurro e diventi un legame talmente morboso da essere geloso anche dell’aria che respira. Il che, inevitabilmente, ci porta al punto
  2. smettiamola di credere che si possano cambiare le persone, che è difficile da capire, lo so, abbiamo tutti letto “Orgoglio e pregiudizio” e ancor di più “Cinquanta sfumature”, ma la verità è che se conosci Christian Grey dal vivo, quello a schiaffi ti ci piglierà per tutta la vita e nel caso si è pronti col numero del 118 fra le chiamate rapide, borsa in spalla e già per strada a raccontarlo ai propri amici.
  3. Non sei mai davvero convinto di essere pronto a buttarti nuovamente nella mischia, che è un po’ un’affermazione più che un consiglio, perchè realmente ognuno di noi in cuor suo sa quando è arrivato quel momento in cui si può tornare a flirtare e instaurare relazioni senza lo spettro di qualcuno o qualcosa. Il che, inevitabilmente, mi ha fatto capire che
  4. non puoi obbligarti ad essere pronto, perchè farsi violenza è ancora peggio che subirla, perchè mentirsi è ancor peggio di credere alle bugie altrui. Credere a qualche cazzata che ci raccontiamo è sintomo di malessere nei confronti di se stessi, un dolore sordo e profondo nascosto dalle piccole bugie che ci raccontiamo internamente.
“Mi piace davvero, deve essere così”, “ormai l’ho davvero superata, lui è già assieme a qualcun altro”, “per me è solo sesso, per forza” son tutte cazzate, anzi lo dico in grande, CAZZATE, che ci raccontiamo quando in realtà pensiamo tutto il contrario: no, se anche solo ti poni la domanda se sia una relazione fisica o meno, vuol dire che effettivamente quella relazione NON è solo fisica, dato che stai valutando un’altra alternativa, come anche il chiedersi quasi imponendosi se qualcuno ci piaccia davvero implica quanto ci stiamo accontentando di quel qualcuno, dato che in caso contrario non si deve ricorrere ad un memorandum mentale dei propri sentimenti. Infine, non sei mai davvero pronto ad andare oltre la causa del cieco e muto dolore che ti ha attanagliato lo stomaco e il respiro per tutti questi mesi, perchè proprio quando ti convinci di esserne immune sarà lì, mano nella mano con qualcun altro, a guardarti quasi sorpreso che tu sia vivo, felice di felicità altrui.
Ma tu, invece di crollare, riesci a sorridere, dimostrando che si, cazzo, certo che sono vivo, con tutte le mani e i piedi e i lividi del caso.

E ne vado fottutamente fiero.

lunedì 17 agosto 2015

La solitudine dei pesci rossi

Era bello averti accanto mentre studiavo, saperti certo nella mia vita come i libri o le parole, come le cose care che ti scaldano in inverno, come l'arcobaleno dopo le grandi piogge.
Era bello quando mi capivi, quando riuscivi ad ascoltarmi senza infastidirti, quando un tuo bacio riusciva spesso a risolvere i problemi, quando era solo "a casa mia o a casa tua?". 
Eran belli i sospiri, i tremori, i brividi, i silenzi, i pianti, gli imbarazzi, le strade per rincorrerci, i parchi per combatterci, i letti per amarci, gli occhi per fare l'amore, le labbra per suggellarlo, l'amore.
Era bello quando un tuo messaggio mi lasciava col sorriso ebete dei bambini a Natale per tutto il giorno, quando un tuo abbraccio era stare sveglio fino a tardi per Capodanno da piccoli, quando la tua risata era l'animatore del mio decimo compleanno. E bada, a me gli animatori son sempre stati sul cazzo.
Era bello quando ci si capiva solo con le impronte digitali, quando i crimini erano roba da fiction, quando nessuno ancora mi aveva rubato le emozioni e l'equilibrio. 
Era bello non avere attacchi di panico, mangiare, avere la mascella dolorante per quanto sorridevo, sentirmi felice solo appoggiato alla tua schiena, lavarmi via di dosso gli umori e le tristezze assieme mentre la notte sussurravamo per non svegliare gli altri.
Era bello quando l'amore era fatto di complicità, di intimità, di poche parole ma buone, di troppe parole ma perfette, di eccessiva salivazione e nauseante dolcezza.
Era bello quando c'era il vero te, quello che mi ascoltava le ore parlare delle stronzate che amo tanto, che sapeva raffreddare dubbi e paranoie con la calma di un santo, che non si arrabbiava mai se non quando gli dicevo di non essere stupefacente.
Era bello dall'alba al tramonto, dal pranzo alla cena, dai tempi morti a quelli così vivi che non ci si credeva, dal giorno alla notte, dalle ore ai minuti, dai minuti ai secondi, dai secondi a far l'amore, dal far l'amore a respirarci addosso, e tutto daccapo.
Era bello anche coi lividi e le ammaccature, anche con i denti rotti e le lesioni sul cuore, anche con dolori lancinanti e mal di pancia sorprendenti, bile che sale e alcol che scende.
Era bello quando non eri insopportabile, quando sapevi controllarti, quando non eri solo rabbia e fastidio, quando mi amavi davvero.
Era bello quando ai tuoi "ti amo" ci credevo col cuore.
Era bello quando un cuore ce l'avevi.
Era bello quando un cuore ce l'avevo.
Era bello, era tutto davvero bello.
Era.



Ho letto da qualche parte che i pesci rossi dimenticano tutto ciò che ricordano nel giro di tre minuti. 
Ho letto che si sentono molto soli.
Ricordo di aver pensato: ma io la vivrei, una vita dove mi dimentico tutto dopo tre minuti?
Ancora ci penso.


A.

lunedì 1 giugno 2015

Sconnesso

Inspira.
Espira.
Tira dentro ossigeno.
Butta fuori anidride carbonica.
Sorridi.
Annuisci.
Fingi che vada tutto bene.
Continua a parlare.
Continua a scherzare, che la gente ama quando scherzi, che pensa che sei quel tipo di persona che non è mai triste e se lo è ce la fa benissimo da solo.
Inspira.
Espira.
Fuma un'altra sigaretta.
Riempi la conversazione chiedendo come stai, cosa fai, che si racconta, lasciati distrarre.
Lascia che la mente non girovaghi sempre attorno allo stesso pensiero.
Lascia soffocare quella piccola cosa che scalcia da una parte molto profonda e nascosta di te.
Lascia perdere quello che ti dice il cuore, che ultimamente ti ha dimostrato solo che ci si fa davvero male quando si vuole troppo qualcuno.
Lascia perdere.
Non va.
Continua a fingere che però tutto stia andando bene, sorridi a chiunque, fai la cosa giusta, stai zitto e dì cazzate, continua a rispondere "si, tutto bene" a chi te lo chiede, continua a fare la parte di quello forte.
Di quello che non ha bisogno di aiuto.
Di quello solitario.
Di quello che non sei tu.


Io te lo avevo detto quel giorno che il numero 20 era quello decisivo.
Ma tu non ci hai creduto.
Te l'avevo detto.


Hai voluto sporcare il ritratto più bello che avessi mai fatto, macchiare il capolavoro di una vita, quello dove ci ho messo sangue oltre ad ossigeno azoto mente sperma calore saliva energia forza spirito anima me stesso me stesso il cazzo di me stesso quel fottuto di me stesso.
E guardami ora: il relitto della cosa bella che sono stato.
I fantasmi continuano a perseguitare coloro che li han uccisi.
Solo che ora è il contrario.
E' l'assassino a perseguitare il fantasma.
Non dirmi mai bugie, ti prego ti dissi.
E tu annuisti, baciandomi col sapore di un altro.


La confusione viene definita come lo stato mentale di qualcuno indeciso, insicuro, incerto su quello che davvero ci sia da fare o da scegliere, una nebbia che ottunde e offusca qualsiasi cosa ti si pari davanti, non permettendo un briciolo alcuno di raziocinio.

La notte.
Quanto cazzo è difficile ignorarti la notte.


Ti ho detto che volevo solo la tua felicità.
A denti stretti, mentre ti guardavo parlarmi di altro, di altri.
Mentre te ne andavi.

Che belle le persone mentre se ne vanno.

-A.

domenica 24 maggio 2015

Lettera al mio ragazzo traditore

Non farò il tuo nome.
Perché sarebbe troppo semplice condannare un colpevole, nominarlo in aula accusandolo del suo crimine; gli omicidi, infatti, se ci fai caso son quasi sempre mascherati in volto nei telegiornali per non associare un viso e un'identità al crimine commesso.
Non farò il tuo nome, dunque, ma sappi che qui hai lo stesso torto degli omicidi, perchè hai compiuto un assassinio tradendomi: hai ucciso la mia fiducia nel prossimo, negli uomini che verranno dopo di te - se verranno - hai ucciso l'ultimo briciolo della mia autostima, della mia sicurezza, del mio sentirmi uomo, speciale, amato, desiderato. Hai ucciso una persona con poche foto di nudo e frasi sconce ad un'altra persona.
Mentre dicevi di amarmi.
Eri la persona a cui davo più fiducia, la persona che cominciavo ad amare, colui che non avrebbe mai dovuto ferirmi o farmi del male.
Eri tutto, e quel tutto lo hai voluto bruciare.
Mi sono sempre chiesto cosa spingesse le persone a tradire: la stabilità di un cuore già caldo e che ti ama, di una persona che fa tutto per te, che è disposta a passare un'intera domenica ad aiutarti coi tuoi progetti per l'università piuttosto che occuparsi dei tuoi, che è disposto a scriverti una lettera al giorno da quando vi conoscete per poterti conquistare, che ti ha pagato cene e pranzi perchè i soldi non gli sono mai importati che la vera ricchezza la aveva col tuo amore (finto, direi), che per fare altri esempi è venuto a serate in discoteca o a party che odia e ha sempre odiato ma lo ha fatto solo per te, che ti ha accolto nella sua casa e nel suo cazzo di cuore quando non ci fa mai entrare nessuno, che cominciava a fidarsi di te e di ciò che gli dicevi. Perché quello che mi domando io è come fai a tradire qualcuno che ti dia tante premure, che come già ti ho detto ha fatto davvero molto per te, come fai a tradire qualcuno a cui sorridi ogni giorno e che dici di amare, come fai ad uccidere la fiducia e l'autostima di una persona solo per il puro gusto di ricevere complimenti per la tua dimensione del pene o il dire a qualcun altro che vorresti te lo succhiasse? Come puoi anche solo azzardarti a giurare e promettere amore eterno a qualcuno con l'onta di averlo umiliato massaggiando sessualmente con qualcun altro? Come? Come puoi umiliare e distruggere qualcuno che ha cucinato per te, ha realizzato mille sorprese e castelli per te, ha speso del tempo dietro ai tuoi lavori e ad aiutarti e ti stava aprendo le porte del suo mondo e di quello del lavoro per darti visibilità? Come puoi far sentire qualcuno così poco desiderato solo con poche foto?
Mi sento così poco umano: mi hai ridotto a brandelli, ti ho donato la mia anima e la mia mente e ci hai scritto sopra insulti ed umiliazioni rivestite da dolci bugie; ti ho dato il mio cuore, giocandoci come ringraziamento.
Tu, traditore, cosa ti fa sentire tradire? Cosa ti produce nel cuore l'attimo in cui tradisci me, la mia fiducia, il mio corpo, la mia vita?
Come ti fa sentire tradirmi mentre io sicuramente ero a casa a pensarti, a scrivere di te ovunque, a riflettere su quanto fossi innamorato di te?
Pensavi a come ero a casa a programmare l'ennesima uscita con te perchè ero sempre impaziente nel volerti vedere, dicevo, pensavi a tutto questo mentre ti fotografavi i genitali per inviarli a quel tipo?
Hai mai davvero amato qualcuno che non sia quella cosa che hai fra le gambe?
Hai mai amato me?
E se sì, perchè allora mi hai tradito? Perché hai commesso quello di cui sapevi benissimo avevo più paura?
Perché hai deciso di uccidermi?
Hai mai davvero pensato a come ci si sente ad essere traditi mentre lo facevi?
Mi hai mai pensato?
Hai mai pensato che rumore fa distruggere la vita di qualcuno?

Andrea.

venerdì 22 maggio 2015

Scrivimi ancora

Nicholas.
Che poi ci sta che una vita intera non si riesca a racchiuderla in poche righe, ci sta che un’intera relazione non possa essere racchiusa in poche parole sintetiche, però ci si prova, come si fa un po’ con l’amore no? Ecco, sì: ci si allarga, ci si distende, si amplia lo spazio a disposizione riordinando, perché la nostra vita, quella splendida esistenza che ci viene donata con la nascita, già ci sta stretta di suo quando siamo soli, figuriamoci se un’altra persona entra in essa. Eppure è strano come nel mentre che allarghi la tua vita, essa non presenta smagliature, non rischia di rompersi, spezzarsi, afflosciarsi, anzi: più la stendi, più si gonfia come un palloncino e sale verso il cielo, ad attraversarlo e superarlo. Senza esplodere mai davvero.
E’ proprio così che ci si sente: la testa che vaga fra le nubi, una sensazione di innata leggerezza che ti permette di camminare sollevandoti quasi da terra, le gambe che al contempo tremano e corrono da sole, il respiro che da breve diventa sempre più lungo e regolare.
Tu me lo hai sempre insegnato che il contrario di due è uno, ma io ho sempre creduto che uno bastasse da solo, che non ha contrario, che a due non ci si arriva mai, perché l’addizione mi è sempre stata antipatica, che ha bisogno anche delle dita come sostentamento, non sa vivere da sola.
E allora lasciamoli perdere i numeri, il conto delle ore che son passate dall’ultima volta che ci siamo visti, giorni, settimane, mesi, minuti, secondi: pensi che se non ci avessero insegnato a contare saremmo ancora qui a preoccuparci di invecchiare o del mero scorrere del tempo?

Tu me lo dicevi sempre che io mi fermavo troppo a pensare, che la mia intelligenza sarebbe stata la mia stessa rovina, che guardavo sempre troppo lontano rispetto al qui ed ora, all’hic et nunc, al momento che io e te stavamo condividendo. Lo dicevi sempre, troppo spesso, forse non abbastanza.


Pensiero stupendo.
La verità, mi dicesti, La verità sull’amore, vi prego.
Nasce un poco strisciando.


Non è triste, Nicholas? Ci oberiamo la mente di fascinazioni su un’esistenza che ancora deve arrivare, su un qualcosa che dobbiamo ancora vivere, scordandoci completamente che il fisico e il cuore agiscono qui ed ora, senza parsimonia, sconfinando nel dolore per questo castello di falsi miti ed illusioni.
Non ho forse fatto lo stesso con te? Mi sono creato un ideale di principe dei romanzi, il classico cattivo ragazzo che cambia per amore della sua eroina tormentata, l’uomo seducente e milionario incapace di amare che si invaghisce perdutamente della grigia assistente di lavoro; i film e i libri mi avevano avvelenato a tal punto da dover ritrarre ogni minimo dettaglio della tua personalità come fossi dipinto su un muro di casa mia, prima non ancora appeso, dimenticato in un angolo, non notato per gusto o capriccio; poi, d’improvviso, mi innamorai di quel quadro, ma lo appesi storto, senza capirne il dritto o il rovescio, la giusta sistemazione. Poi, però, arriva sempre l’attimo in cui quel quadro lo raddrizzi e tutto sembra aver trovato un suo senso: la sua posizione e presenza nella tua casa diventa indispensabile, non ne puoi fare a meno di passarci davanti e sorridere, quasi il solo guardarlo ti scaldasse il cuore.
Sai cosa succede coi quadri troppo belli, Nicholas? Si mettono sotto una teca di vetro, lasciati a guardare per il pubblico ludibrio come monito della perfezione del creato ma in una asettica gabbia morale di troppo amore concentrato in un solo istante; c’erano giorni che quel quadro mi sembrava storto quando ero io ad esserlo, facendo di tutto per esprimere il mio disagio incolpando te di dubbi e sospetti che non fondavi mai, che realmente non avevano base concreta in calcestruzzo. Spesso, invece, quel quadro mi andava così a genio da riempirlo di descrizioni impulsive e troppo veloci su quanto fosse un capolavoro dell’arte moderna e antica, su quanto lo sarà e sui progetti che avevo per quell’opera in particolare, progetti alti quanto torri di Babele consacrate ad un destino di crollo e disfacimento.
Sono passati troppi momenti dall’ultima volta che abbiamo parlato, troppe serate consumate dentro il corpo di altri cercando di esorcizzare il dolore del livido sul cuore che mi hai tatuato, troppi rimorsi che mi corrono dietro come cacciatori con la loro preda; son passate tante notti insonni a guardare il soffitto e cercare di capire il perché, troppe occhiaie per il continuo guardare il tuo ultimo accesso su Whatsapp e chiedermi se avessi avuto le palle di scriverti qualora ti avessi beccato online. Ho bisogno di giochi, io, perché per me l’amore lo sai, Nicholas, è sempre stato quello fra due amanti ostacolati dal destino o da una situazione avversa, una coppia tormentata dal buio di difficoltà reali o meno, un continuo respirare in maniera irregolare e farsi prendere dalla tachicardia, boccheggiando davanti all’ennesima mancata dolcezza ricevuta. Tu non lo sai, Nicholas, ma io sapevo tutto questo, e forse l’ho capito però troppo tardi, quando ormai il tuo nome lo avevi scolorito del tutto dalle mie arterie, quando ormai la mia vita aveva un titolo diverso, quando ormai il tuo sguardo era già posato altrove.
Nonostante lo sapessi, il mio amore per te non è mai riuscito a cambiare unità di misura: era come se io contassi in chili e tu in semplici grammi, ettolitri di amore contro semplici litri, quantità superflue contro il giusto indispensabile. Se solo avessi capito davvero quando mi dicevi che non avevi bisogno del mondo, ma solo di me stesso.
Se solo avessi saputo.
Poi ci siamo noi, che noi della nostra storia invece non ci abbiamo mai capito davvero un cazzo, che io dell’amore in fin dei conti tutt’ora non ho capito neanche la definizione sullo Zanichelli; noi, che però un tuo sorriso mi bastava ad incendiare le giornate del calore del sole a mezzogiorno, noi, che però quando mi dicevi delle cose dolci erano così rare le volte, che avevano un significato fottutamente particolare.
Noi, che ci bastava il mare per smettere di litigare; noi, dai mille progetti e promesse che si disfacevano con l’arrivo del mattino, noi che mai dormivano ma facevamo l’amore famelici di vita, le cartine geografiche che sapevo decifrare sul tuo corpo, l’epidermide su cui ci sapevo viaggiare solo io, astronauti di cuori troppo sazi di emozioni per poter anche solo prender sonno.
Noi, che il gelato d'inverno, la prima sbronza, le risate dopo una litigata, il sesso dopo giorni di distanza, i libri, l'odore del caffè al mattino, il profumo del tuo bagnoschiuma preferito mentre prendi sonno, la tua colonia preferita che ti rimane sul polso anche un'ora dopo, quel maglione che hai da anni perché è caldissimo e ti fa sentire protetto, il motorino in estate cantando a squarciagola, il cinema con i pop-corn al burro, le sciarpe enormi, un sorriso appena ti svegli, gli abbracci senza fine, la pioggia dopo la siccità, la birra fredda ad agosto, le feste in maschera, ballare quando si è a casa da soli, i concerti, le lacrime per i film o i libri, ridere senza un motivo fino ad aver male alle costole, mangiare il tuo cibo preferito fino a saziarti, la sazietà col torpore del post pranzo, quando mi hai insegnato a disegnare la sezione aurea, quando ti ho insegnato a leggere amando ciò che leggevi, quando mi baciasti per dispetto solo per zittirmi, viaggiare, Londra, Vienna, Roma, Milano, casa mia, casa tua.
Tu.
Noi, Nicholas, noi: come questa parola ha potuto così tanto perdere di significato?


Non ho neanche mai amato pensai, guardandolo,  Ma posso imparare.


Tuo, per sempre,

A.