Le viole erano rosa, le margherite blu o forse no, non mi ricordo più,
le stelle sono in cielo e spegni la tv, da troppo tempo non le guardi più.
A volte sento di averti aiutato a preparare la tua anima ad accogliere altre persone: chiunque, tranne me, altrimenti sarebbe inspiegabile questa tua testardaggine ed insistenza nella cecità che pervade i tuoi occhi.
Cieco è chi sceglie di esserlo e tu hai scelto di viverti la vita a tentoni, come chi scopre il buio e la luce per la prima volta, differenze abissali di chi non sa mai decidersi, nero e bianco che non possono diventare grigio, siderali distanze nonostante la vicinanza.
Ma io, invece, ho deciso.
Ho deciso di riacquistare la vista, di tornare a vedere senza il riflesso dei ricordi, di non lasciarmi oberare gli occhi di immagini fasulle ed illusorie.
Ho deciso di diventare sordo alle tue finte lusinghe, al tuo farmici credere di nuovo per pura vanità d’ego, al tuo guardarmi e mentirmi e nutrirmi di bugie in seguito, di nuovo.
Ho deciso di ricominciare partendo davvero da zero stavolta, dal centro, dal basso, perchè si può solo risalire.
Ho scelto me.
Le macchine veloci non le ho guidate mai, ma ho fatto certi botti in vita mia;
mi dici volta pagina, vedrai ti passerà e ho dato fuoco alla mia libreria;
e ho fatto una magia, tu conta fino a tre, poi chiudi gli occhi batti i tacchi e vai:
prima non lo sapevo, adesso che lo so sparirai.
Chiudo gli occhi.
Riflessi di luci, colori, rumore, il beige delle pareti di un locale, crema pasticciera, un sapore di zucchero e felicità che ricollegherò sempre a quel momento; andare avanti veloce, i treni, quelli presi e quelli persi, gli anagrammi delle lettere, le notti insonni in solitaria, scrivere di te sul mio diario, i messaggi fino a tarda notte, la premura del farmi addormentare, vicini ma lontani, lontani ma vicini, casa mia è libera - andiamo allora? . il primo bacio che ha fatto da anteprima ad altri, il primo bacio che non mi scorderò mai, la rigidità dell’imbarazzo di chi si piace, la scioltezza dei tuoi gesti, le parole nel silenzio, il silenzio come carica elettrica, l’elettricità che comunicava per noi, la pelle che pizzicava tanto ambiva il tuo tocco, due labbra che si scontrano, ma come cazzo è possibile pensavo come ci si fa ad innamorare di un bacio?
Avanti veloce sulla prima volta che ti ho visto nudo, le fragole, fantasie concretizzate, Lolita, il freddo fuori, il fuoco dentro, cosa farsene del mondo se è tutto in una stanza, le mani avide di tocco altrui, le tue impronte digitali che marchiavano la mia pelle.
Sono tuo pensavo Ho le tue impronte digitali tatuate sul cuore.
L’inverno, le vacanze che non passavano mai, le litigate, nessun rimpianto, il Natale lontani, le telefonate come autostrade, la batteria sempre carica, il cuore sempre scarico, cercarti nelle righe dei libri, viverti solo tramite una sim, le paranoie, la gelosia, il silenzio di chi si piace davvero, odiare, amare, piacere, dispiacere.
Dolore.
Sordo, muto, cocente, splendido, scomposto, totale, periferico, intenso, bruciante, febbrile, vorace.
Le perdite, la telefonata a capodanno, silenziare il cervello, ascoltare solo il cuore, cercarti fra le onde del mare, le nuvole di Einaudi, la neve a Milano, quel giorno che ci siamo lasciati.
Quel giorno che tutto è finito,
Quel giorno che tutto se ne è andato.
Te ne vai pensavo, guardandoti uscire.
Te ne vai, il mio cuore è nel tuo petto.
Apro gli occhi.
Cammino.
Le viole erano rosa, le margherite blu, allora è vero non ritorni più;
le stelle sono tante e forse anche di più, c’era la nostra e non la trovo più,
e io non ci credevo che stava lì per noi, chissà se pure tu la cerchi mai,
t’ho scritto una canzone, quando la ascolterai: sorriderai.
Dopotutto, ricorda sempre che se alzi gli occhi ci sono le nuvole: le nuvole non giudicano, continuano implacabili il loro percorso, cambiando forma a loro piacimento, divenendo ciò che gli altri hanno nel loro cuore e nei loro occhi.
Io sono una nuvola.
Ora, non sei altro che lacrime amare di chi perde tempo dietro a chi non vuole capire, incazzature a vuoto per qualcuno che non si merita tanto amore, se non corrisponde ad altrettanto sentimento; qualcuno che prima afferma delle emozioni e poi se le mangia, additandoti come il fautore di un legame che non sei stato il primo a citare nuovamente.
Forse non è poi così tanto vero che più tempo corrisponde a passi avanti o maturità.
Non ho neanche mai amato pensai guardandoti.
Ma posso imparare.